ESTRATTO DAL LIBRO VERITAS GRATIA VERITATIS, CAPITOLO 7
Nell’estate del 1976, dopo il terremoto devastante del 6 maggio inFriuli apparve chiaramente che l’Ente Regione Friuli Venezia Giulia non avrebbe potuto conciliare l’esigenza di ricovero urgente di migliaia di terremotati, con gli appetiti delle imprese friulane e dell’intera Italia, con le esigenze di autonomia decisionale degli enti locali, e con la burocrazia in essere nella regione medesima.Lo stato nominò allora Commissario Straordinario l’on . Giuseppe Zamberletti. Questi coadiuvato da abilissimi collaboratori fra i quali l’ing. Corbo ,l’ing. Marini e specialmente il dott. Filippo Prost mise a punto, aiutato in ciò da mio fratello Lodovico, un apposito contratto di concessione da stipularsi con le imprese che avessero realizzato i“prefabbricati provvisori” necessari per il tempestivo ricovero dei terremotati senza tetto, reperendo le aree adatte nei diversi comuni con abitanti senza casa, provvedendo ai progetti, alla realizzazione e dal collaudo delle opere stesse.L’on Zamberletti si pose due obiettivi: quello di alloggiare tempestivamente, in modo decente gli sfollati negli alberghi e quello di appagare almeno in parte le esigenze di alcuni scontenti individuando fra questi alcune amministrazioni comunali e due delle tre centrali cooperative: La Lega delle Cooperative e Mutue e l’Associazione Generale delle Cooperative Italiane.Si incominciò quindi ad individuare i soggetti che potevano divenire concessionari per la “fornitura in opera di prefabbricati leggeri provvisori”. In base ai su accennati criteri vennero scelte alcune amministrazioni comunali; una cooperativa che avrebbe indicato la Lega delleCooperative e Mutue, ed una altra di indicazione dell’A.G.C.I.(Associazione Generale delle Cooperative Italiane).
I dialoghi avvennero con i rispettivi referenti politici.Per l’A:G.C.I. socialdemocratica e repubblicana, il referente era lo stesso Presidente: Cav. rag. Gino Meneghesso che io rappresentavo nella mia qualità di Vicepresidente , fondatore dell’A.G.C.I. in Friuli e membro del Consiglio Nazionale.Io rappresentavo l’Associazione in ogni trattativa riguardante spartizioni di lavoro, mentre il Cav. Meneghesso negoziava le spartizioni degli incarichi.Per le cooperative “rosse” socialiste e comuniste referente politico in questa emergenza derivante dal terremoto era il parlamentare più in vista e più influente in loco ed a Roma e cioè il deputato comunistaMario Lizzero. Fu così che frequentemente mi incontrai con lui sia prima che dopo dell’assegnazione da parte di Zamberletti delle due concessioni perla costruzione di prefabbricati : Una alla cooperativa indicata dallaLega ed una a quella indicata da me, e cioè la Ars et Labor soc. coop. a r.l..Questa cooperativa fu costituita da mio padre assieme con il Cav.Franco Marinotti presidente della SNIA s.p.a. nell’anno 1951, al fine di contenere in Torviscosa lo scontento delle masse di lavoratori che si occupavano dello scarico dei materiali per la fabbrica di cellulosa e che, in quanto scontenti votavano per il partito comunista.
La cooperativa si costituì con 1.500 soci ed il colore politico della locale amministrazione cambiò con grande sollievo specie della curia locale, nonché del on. Tiziano Tessitori (ritenuto il Padre della“Patria del Friuli”) e del deputato socialdemocratico ErnestoPiemonte. Persone queste che divennero e rimasero vita natural durante assieme ai Presidenti on. Alfredo Berzanti ed avv. Antonio Comelli fedeli ed affezionati amici della mia famiglia.La concessione affidata alla Ars et Labor era di 5 miliardi di lire, le concessioni fatte alla Lega ed ai comuni erano di importi inferiori.Tutti avevamo interesse ad alloggiare le popolazioni (erano le nostre popolazioni!!) ed a concludere positivamente, sotto ogni aspetto, ilavori. Perciò incontravo abbastanza frequentemente Mario Lizzero, che giudicavo persona assolutamente corretta ancorché di stretta visione comunista. Egli era caratterizzato da un atteggiamento austero ed un poco triste, come di chi ha dovuto fare delle cose non sentite o che ha avuto significative delusioni.Questa era l’impressione che ebbi di Mario Lizzero quando mi accinsi a frequentarlo.
A volte, anche per superare quel suo atteggiamento guardingo, gli ricordavo che mio padre nutriva una grande stima per lui. Solo quando ebbi più confidenza gli dissi chemio padre non perdonava ai comunisti i fatti di Porzus. L’atteggiamento politico ella mia famiglia nelle difficilissime circostanze della seconda guerra mondiale era il seguente:Mio padre era un noto geometra ad Udine, aveva lo studio in via Zanon 16 nell’immobile di proprietà del notissimo prof. Azzo Varisco, luminare dell’ospedale di Udine e massimo esponente della massoneria friulana e giuliana. Nello studio accanto a quello di mio padre lavorava l’avvocato Linussa, altro esponente della massoneria.Mio padre che girava con in tasca il biglietto da visita dell’ambasciatore tedesco in Italia Von Hassell aiutò molto le brigate partigiane dell’Osoppo. L’onorevole ed ex ministro del lavoro MarioToros ricorda spesso che andava da mio padre in via Zanon a“prendere ordini” chiarendo che mentre il prof. Varisco era massone e mio padre non lo era affatto. La massoneria, tuttavia salvò la vita a mio padre, a me ed a tutta la mia famiglia. Ciò avvenne quando il prof. Varisco ci fece avvertire che eravamo tutti sulle liste per essere arrestati e deportati inGermania. Noi scappammo presso un nostro colono tale Migotti, rimanemmo per una quindicina di giorni nascosti, durante il giorno in un bosco e di notte in una stalla fino a che il prof. Varisco non ci mandò ad avvertire che i nostri nomi erano stati cancellati dalle liste!!. Solo allora tornammo a casa. Successivamente ebbimo altre preoccupazioni … ma tutti pericoli vennero sventati.
Spesso i partigiani della brigata Osoppo nelle persone dell’on. Berzanti, Bruseschi, Fabricio, Pascatti, quando si recavano o ritornavano dalla montagna passavano per Pagnacco a casa nostra. Fu dalla nostra mezzadria in località “le parti” che si indicò via radio agli alleati quale deposito di benzina tedesco dovevano bombardare. Un deposito di benzina era a Castellerio ed uno , sempre a Pagnacco, era situato in Villa Rizzani e cioè a meno di un chilometro dalla nostra villa. Si decise per quello di Castellerio. Il bombardamento fece purtroppo 27 morti fra la popolazione di Pagnacco. Alcuni militanti partigiani di giorno dormivano nel nostro rifugio antiaereo mentre di notte andavano spesso a raccogliere le armi che venivano paracadutate dagli alleati.Dopo l’otto settembre alcuni soldati meridionali soggiornarono a lungo nascosti spesso , durante il giorno nelle due stanze segrete site nella nostra abitazione. Ad una di questa stanze si accedeva attraverso un armadio a muro, all’altra attraverso un armadio di un bagno. Tutte e due erano dotate di finte travi che servivano da prese per l’aria. In entrambe, chi stava dentro poteva, all’occorrenza, costruirsi con sabbia, mattoni e cemento un muro per evitare che i tedeschi battendo con il calcio dei fucili sul legno dell’armadio avvertissero il vuoto dall’altra parte. Io ero bambino ed a volte trovavo delle “bellissime “ pallottole, srappnel, nastri di mitragliatrice o bombe a mano che raccoglievo di nascosto e conservavo e riponevo con cura , spesso in “blocchi che costruivo malamente in cemento” come avevo visto fare per alcuni gioielli dei nostri inquilini, le famiglie Brida di Genova, sfollate presso di noi . Una volta purtroppo due bombe a mano vennero trovate da una ragazzina dei nostri mezzadri che le diede a suo padre il quale le seppellì male e le fece scoppiare . Perse una mano ed un occhio.
Un deposito di munizioni era in un nascondiglio …“nasco” nel nostro deposito di paglia. Quando questo deposito, anni dopo finita la guerra, si incendiò ancora vi erano dei proiettili che scoppiarono con grande frastuono e spavento dei pompieri che erano accorsi e stavano contenendo l’incendio. Spesso si sentiva che i partigiani avevano “preso “ qualcuno .. lo avevano ammazzato e sepolto …nel Citon. Un bosco nei pressi di casa nostra. Nessuno ci faceva molto caso. Il comandante locale della Wehrmacht, da noi chiamato “il capitano tedesco” quasi ogni mattina cavalcava alle sette in punto lungo la “ferrata” davanti alla villa. Era quel capitano che, quando dovevano passare i cosacchi in ritirata, concordò tramite mio padre ed il sig.Nino Triconal con i responsabili della brigata Osoppo, i luoghi del passaggio ed il non “disturbo” da parte dei partigiani. Quella volta noi tutti dormimmo per due notti su materassi per terra al pian terreno circondati da partigiani “armati fino ai denti” che facevano a turno la guardia. Ricordo che invidiavo le bellissime bombe a mano tedesche con il manico di legno, che ostentavano.
Nei giorni successivi mi regalarono della balistite in verghe che di notte accendevo e correvo tenendo in mano una verga accesa……….Sembravano dei lunghi e grossi spaghetti accesi in punta. La mia massima soddisfazione l’ebbi l’otto settembre del 1943 quando, saputo dell’armistizio mia madre espose al balcone del primo piano la bandiera tricolore con lo stemma sabaudo ed i partigiani mi fecero sparare alcuni colpi in aria con il moschetto. Conservai un caricatore che quaranta anni dopo unitamente alla sciabola di un mio prozio che fu comandante del Piemonte Reale Cavalleria, mi venne sequestrato in quanto….. arma da guerra!! Di notte a volte bombardavano Udine. Era uno spettacolo di razzi che scendevano lentamente dal cielo e di pallottole “traccianti” colorate di vari colori che i cannoni antiaerei sparavano contro gli aeroplani. Noi bambini stavamo attenti se qualcuno veniva colpito. Una sola volta vedemmo cadere una “fortezza volante”. Corsi a raccogliere pezzi prima che arrivassero i tedeschi. Riuscii a prendere solamente un frammento di un alettone di coda. Altri che arrivarono prima furono più fortunati presero dei grandi pezzi di aeroplano anche se alcuni bagnati del sangue dell’equipaggio morto. Brunetto Bonfatti (divenuto poi un importante diplomatico), Alberto Murero, Sergio Brida Arrigo Brida, io ed altri rubavamo, le camere d’aria dei camion ai tedeschi, nel vicino deposito di carburante per farne gli elastici per le fionde e con queste combattere contro altre bande di ragazzi della strada. Mio padre, la mia famiglia ed io eravamo dunque avvezzi ad ogni tipo di aspetto più scabroso della guerra!
Mio padre aveva tollerato che partigiani comunisti ammazzassero persone benestanti …… In realtà a solo scopo di rapina. Egli aveva gettato dentro una stufa la ricevuta che i partigiani della Garibaldi gli avevano fatto quando, armi alla mano, gli sequestrarono due biciclette nuove di cui avevano trovato le selle e che dovevano servire a noi anche per portare ordini ai gruppi combattenti dell’Osoppo. Egli era rimasto particolarmente commosso quando alcuni amici ed in particolare la famiglia dell’allora proprietario del Fogolar di Brazzacco gli offerse ospitalità , a lui ed a noi, ben sapendo che eravamo ricercati. Queste persone senza alcun obbligo ne compenso mettevano in serio pericolo la propria vita e di quella di tutti i loro familiari. Anche per le ragioni e le situazioni che ho descritto mio padre non poteva assolutamente accettare il delitto di Porzus.
A Porzus era stata uccisa anche una ottima ragazza sua conoscente di Pagnacco (Elda Turchetti) ma a Porzus , per infami ragioni politiche, e cioè per poter dare il Friuli alla Jugoslavia erano stati ammazzati, alleati , amici e conterranei. No non poteva essere stato il compagno Mauro Scocimarro da Roma a dare quell’ordine. Mauro Scocimarro era di Udine . Le persone assassinate erano friulani che appartenevano alla sua medesima matrice umana e colturale, erano in realtà suoi vicini di casa. E’ vero, in guerra si combatte per l’ideologia, ma anche per salvare la propria pelle. Questo non era salvare la pelle era stato proprio un assassinio, aggravato dal tradire colui che si fida perché alleato.
I sentimenti di amicizia e di lealtà in guerra assumono particolarissimi e profondissimi significati. Il tradimento in guerra diviene il più orribile dei misfatti. Se colui che con te combatte quel nemico che ti vuole vinto e morto, che vuole morta la tua famiglia, ti assale a tradimento e ti uccide che cosa rimane del vivere civile? Non rimane proprio nulla. Lizzero si era chiamato fuori dai fatti di Porzus…. Anzi era rimasto dispiaciuto ed arrabbiato per quanto accaduto. Mario Lizzero sapeva bene però da chi era venuto l’ordine o chi aveva portato quell’ordine inequivocabile da Roma.
Quell’ordine che gli aveva impedito di far fucilare come avrebbe voluto il Giacca. Il compagno Giacca che materialmente ordinò ai suoi uomini ed anche personalmente provvide all’eccidio. Un giorno mi confidò: A Roma in realtà decidevano dei ragazzi giovani, troppo giovani, e per giunta dell’Italia del sud. Ma chi era molto più giovane di lui a Roma? Il Giacca era sicurissimo del fatto suo. Egli aveva le prove di un consenso a quell’azione. Consenso ricevuto dall’Italia ai massimi livelli e certamente documentato. Chi è venuto ad Udine a portare l’ordine od il consenso? Senza dubbio nei giorni che passarono fra la cattura e l’eccidio o prima, qualcuno è venuto a fornire la prova che salvò il Giacca dalle rimostranze di Lizzero, unico e pieno responsabile delle azioni degli uomini sui quali esercitava il massimo potere e cioè quello di commissario politico. Chi salvò poi i mandanti assassini dalla pur meno preoccupante e blanda, magistratura italiana?
Il 20 luglio del 1944 falli l’attentato al Fuhrer ed il 18 settembre dello stesso anno Ulrich von Hassell venne ucciso in Germania. Appena saputa la notizia mio padre si preoccupò di nascondere il biglietto da visita di von Hassell che fino ad allora aveva portato sempre con sé e quindi di tutelare in qualche modo la figlia Fey sposata con il suo amico Detalmo Pirzio Biroli, vivente a Brazzacco, vicino alla nostra villa. Egli ne parlò con il capitano tedesco, quello che cavalcava al mattino e che fece tanto bene al paese di Pagnacco che la popolazione tutta, riconoscente, lo ospitò, vestito in borghese per due anni dopo finita la guerra, senza segnalarlo agli alleati. Egli, per tutti i due anni, ogni giovedì veniva a casa nostra a pranzo. Qui egli spesso mangiava il “pollo arrostato”. Non aveva ancora, dopo due anni, imparato a dire: pollo arrosto. Questo capitano si adoperò per fa fuggire la Fey ma, non trovando una via abbastanza sicura, mio padre abbandonò l’idea e chiese ai partigiani della Garibaldi, proprio in persona diAndrea…l’unico comunista di cui si fidasse, se potevano loro, fare qualcosa.
Viveva a Pagnacco un nostro dipendente, affezionatissimo a noi, si chiamava Vittorio Tomat lavorava con mio padre dall’età di quindici anni Aveva sposato una bravissima rammendatrice di nome Leonilde. Egli aveva due soli difetti: Cercava di scopare tutte le nostre donne di servizio ed era comunista. Comunista al punto di aver messo al figlio il nome di Mauro in onore di Mauro Scocimarro che conosceva molto bene e stimava infinitamente. Egli assieme ai nostri coloni aveva predisposto all’epoca delle prime elezioni politiche repubblicane la divisione tra loro della nostra villa, ed il tugurio ove saremmo andati ad abitare noi… “i siors”!. Mio padre rideva di queste cose. Egli non temeva nulla. Anche dopo la“liberazione” , contrariamente agli ordini ricevuti dall’amministrazione alleata, egli continuava a distribuire gratuitamente, invece di darlo all’ammasso, l’esubero di grano agli abitanti del borgo, i quali venivano a raccoglierlo da una specie di grondaia in legno che era stata costruita appositamente ed andava dal granaio della villa alla strada su quella strada sotto la quale, benché suolo pubblico, aveva realizzato (e c’è ancora) a sue spese una cisterna per il deposito di acqua…. se mai fosse venuta a mancare. Durante la guerra da questo deposito ogni sera con un motorino elettrico si faceva “la piena” mandando l’acqua dalla cisterna al serbatoio sotto il tetto della nostra villa. Specializzato in ciò era appunto il sig. Triconal che con questa scusa ogni sera anche lui si attardava con le domestiche, mentre il sig. Mino Brida aveva una relazione con la sorella della propria moglie ed una con un’altra donna a S.. Andrà del Friuli ove qualche rara volta affrontando infinite peripezie si recava. Alla fine di uno di questi viaggi gli colse un infarto, fu portato in ospedale ove io essendo, pur bambino il meno sensibile a questo tipo di sventure andai, accompagnato da Vittorio Tomat, partendo da Tavagnacco, con il tram, a trovarlo. Lo trovai e gli raccomandai , come mi avevano detto, di non mangiare troppo. Egli era assistito dal dott. Giovanni Minciotti che viveva con noi a Pagnacco e come medico era l’unico che disponesse di una automobile. L’automobile di mio padre invece, una balilla spider, stava senza ruote (nascoste per non consegnarle al governo) in un locale detto” il follador”. Il dottor Minciotti un giorno arrivò tardi a pranzo e con la macchina tutta forata da proiettili (fortunatamente non avevano colpito i serbatoi di metano sul tetto dell’auto) disse che un aereo lo aveva mitragliato e lui si era rifugiato nel fosso. Nessuno ci fece molto caso. Non fu così per l’eccidio di Porzus.
Il fatto di Porzus segnò veramente un profondo solco tra noi ed i comunisti. Apparve d’un tratto che c’era qualcuno il quale pur di raggiungere il suo obiettivo passava sopra a tutto. Assassinava a tradimento gli amici combattenti compagni di battaglia, quelli che lo avevano appoggiato, coperto, difeso, sorretto e sottratto alle persecuzioni dell’invasore tedesco in Friuli. No ! Non era stato Lizzero e nemmeno Scocimarro, men che meno Modesti, che tuttavia fece poi qualche anno di carcere, loro erano di qua, erano compaesani vicinissimi agli assassinati. Conoscevano e frequentavano le loro famiglie, ne condividevano le tradizioni, le abitudini gli entusiasmi della lotta al nazismo. L’ordine o il consenso erano venuti da fuori, dall’Italia non Friulana. Lizzero non avrebbe certo obbedito ad un ordine pervenuto dagli iugoslavi, o da Tito! Lizzero mi disse: A Roma in realtà comandavano i giovani ed erano molto, troppo giovani.
Giovani per di più formati nell’Italia liberata e cioè nell’Italia delsud.
Giovani per i quali il Friuli e le sue genti non potevano essere sentiti come “loro genti” ed assumere il significato che noi gli attribuiamo.
Giovani che non avevano partecipato ad alcuna battaglia e non erano quindi in grado di comprendere a pieno il peso del mancato rispetto della lealtà, in circostanze di guerra.
Giovani che per ciò potevano prendere decisioni anche così malvagie e continuare a vivere. A suo tempo, e cioè dopo l’attentato ad Hitler,- come ho detto – Lizzero si occupo di tentare di far fuggire la Fey von Hassell ed i suoi figli da Brazzacco. In questo egli coinvolse anche il C N L romano, che fu rappresentato, qui da un suo mandatario proveniente da Romadi cui non si seppi mai con certezza il nome. Anni dopo il terremoto in Friuli, avevo “messo gli occhi “ su un belterreno nell’isola di Lampedusa. Trattatavasi di 54 ettari di suolo pianeggiante e sito sulla parte dell’isola rivolta verso l’Africa. Il terreno era stato in proprietà a Michele Sindona. Lì si potevano edificare 20.000 metri cubi di residenze turistiche.
Questi erano una parte di quel milione di metri cubi che aveva previsto di edificare Sindona. Desideravo permutare questo terreno con la Villa dal Torso a Tissano, in Friuli, che , assieme al mio socio ed amico Bruno Becchio di Zurigo avevo acquistato. Il terreno era però avvilito da un vincolo naturalistico posto a salvaguardia delle tartarughe che andavano a nidificare sulla spiaggetta di fronte all’isola dei conigli dietro la quale era stata costruita la villa del cantane Domenico Modugno. Bisognava ridurre il vincolo alla sola spiaggetta. Sapevo che l’amministrazione comunale di Lampedusa era comunista , perciò spiegai la cosa a Mario Lizzero il quale subito mi disse che il referente a Roma per Lampedusa era Giorgio Napolitano. Potevo rivolgermi tranquillamente a lui indicando che ero mandato da “Andrea” e lui avrebbe certamente – se proprio non fosse stato impossibile – risolto il problema. Telefonai a Roma in parlamento all’ufficio dell’on. Napolitano , dissi alla segretaria che avevo bisogno di una cortesia a Lampedusa e che mi mandava Andrea. Ella mi richiamò dopo qualche minuto dicendomi che l’onorevole sarebbe andato a Lampedusa un certo giorno con un cero volo da Roma. Se avessi volato con lo stesso aereo avrei incontrato l’onorevole ed avrei potuto parlargli. Così feci. In aero incontrai l’on Napolitano, gli spiegai, ed egli mi disse che riteneva possibile ciò che chiedevo. Mi raccomandò molto di salutare il compagno Andrea. Egli sull’aereo viaggiava con altre persone, non c’era molta gente, si spostava spesso da un posto all’altro. In quel volo appresi che il sindaco di Lampedusa era in convalescenza essendo stato accoltellato. Lo sostituiva una vicesindaco, anche lei politicamente molto vicina all’onorevole. In meno di sei mesi ottenni quanto richiesto e ringraziai di cuore Andrea. Purtroppo il diavolo ci mise la coda, sull’isola quando vi era il mio socio svizzero giunse un missile sparato dalla Libia. Il mio socio fu talmente terrorizzato che non se ne fece più nulla. Con il mio avvocato comunista Maurizio Folisi volevo fare causa a Gheddafi e tentare per la ripetizione dei danni il sequestro delle azioni della Fiat che Gheddafi teneva presso la società che anch’io con il dott. Duilio Bruseschi utilizzavo: la Figeroma s.p.a. fiduciaria del Banco di Roma. Folisi si rifiutò.
Perché il Giacca non uccise subito i partigiani dell’Osoppo? Che cosa attendeva prima di assassinarli? Non vi era dubbio che il comando iugoslavo li volesse morti, ma ciò non poteva bastargli. Chi autorizzò allora – da Roma – tanto da metterlo in assoluta tranquillità, il Giacca ad ammazzare i partigiani, suoi alleati, alcuni giorni dopo che li aveva fatti prigionieri?Questo delitto di Porzus è raccapricciante e sconvolgente, molto più raccapricciante e sconvolgente di quanto non lo siano state le foibe che vedevano come vittime italiani colpiti da sloveni, agli occhi dei quali apparivano però conquistatori e fascisti, che avevano invaso la loro patria devastando ed uccidendo.
Molto più sconcertante delle persecuzioni fatte dai fascisti agli ebrei che li consideravano dei profittatori, usurai, affamatori, trafficanti e comunque non italiani. Questo delitto ha il sapore dell’infamia di quell’infamia che veste il traditore del fratello, il traditore di colui che si fida e combattendo al suo fianco lo difende dal nemico comune. Io non posso dire chi ha portato l’ordine o il consenso da Roma posso però dire che tutti i comunisti più impegnati all’epoca certamente seppero ed alcuni all’ombra di questo e di altri delitti costruirono la loro carriera politica. Questi comunisti-carrieristi non abbandonarono il partito nonostante le nefandezze che in esso si consumavamo e di cui Porzus ne fu la principale prova lampante.
Non lo abbandonarono come fece invece il friulano Loris Fortuna e nemmeno presero le distanze come alla fine fece anche Pierpaolo Pasolini.
Non l’abbandonarono ma fecero in esso, ed ovviamente con questa morale, con la morale che anche il delitto può essere un’arma politica, fecero la loro carriera, divenendo i massimi rappresentanti di una odierna società italiana ove nonostante l’impegno dei più, aumenta e si rinforza quella corruzione che aligna nella negazione della moralità e dell’etica.
Giorgio Napolitano, fraterno e più giovane amico di Andrea, appena nominato Presidente della Repubblica Italiana fu ad Udine, a Brazzacco a casa della Fey von Hassell-Pirzio Biroli. Sandro Pertini socialista, appena nominato Presidente concesse la grazia all’assassino Giacca. Perchè? Perchè non vi è in ogni città italiana almeno una via intestata ai martiri di Porzus? Quelli che con il loro sacrificio riuscirono ad aprire un poco gli occhi a qualcuno e lo convinsero quantomeno ad abbandonare l’idea di cedere il Friuli a Tito? Quando ci sarà, se mai ci sarà un definitiva e chiara risposta a questi perché? Certo, Tito rinunciò al Friuli ma lo fece solo quando fu dissuaso da Stalin ovvero dal Comandante Carlos, alias Vittorio Vidali. Stalin certamente fu meno aggressivo dopo Hiroshima. Ecco che ancora una volta una strage di innocenti fermò il compiersi di un orribile misfatto quale la pulizia etnica in Friuli che era iniziata con le foibe e con Porzus, in vista dell’invasione. Pulizia etnica ovvero genocidio, reato imprescrivibile e giudicabile dalla Corte Penale Internazionale alla quale peraltro molti che certamente sapevano tutto non hanno fino ad oggi mai ricorso .
ESTRATTO DAL LIBRO VERITAS GRATIA VERITATIS, CAPITOLO 7
Scritto da: CaV. Uff. dott. prof. Giovanni (già Giovannibattista) Gennari